Ancora sul controllo giudiziario antimafia favorevole e sull’aggiornamento dei provvedimenti del Prefetto
- Filippo Di Mauro
- 29 lug
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di Guglielmo Saporito e Filippo Di Mauro

Dopo i primi commenti alla sentenza 109 del 17 luglio 2025 (Giuseppe Amarelli, in www.sistemapenale.it, ed in questa Rassegna, n. 4 del 18.07.2025, a cura della Redazione), ci si chiede se il raccordo tra giustizia penale ed amministrativa sarebbe potuto avvenire anche senza una pronuncia additiva della Corte.
1 - Il Giudice delle leggi ha più volte (57/2020, 212/2022, 116/2024) richiamato il legislatore sui problemi dell'antimafia, mentre la CEDU incombe (dalla vicenda De Tommaso del 2017 all’attuale contenzioso Cavallotti): quindi, la sentenza 109/2025 è un atteso segnale di interesse alla tutela dell'impresa che intenda allontanarsi dal rischio di infiltrazione. La sentenza anche è opportuna, perché contribuisce a chiarire l’actio finium regundorum in corso tra giudici (penali ed amministrativi) e pubblica amministrazione.
Detti confini tra attività giudiziarie e p.a. sono, infatti, resi labili dall’affidamento al giudice penale di funzioni simili a quelle del Prefetto (art. 34-bis, comma 6, D.lgs. 159/2011), ed al Prefetto di funzioni simili a quelle del giudice penale (artt. 94.1. e 94-bis).
Tra poco, infine, si pronunceranno le Sezioni unite penali (interpellate da Cass. 24672/2025) sulla possibilità di negare il controllo, qualora il rischio di infiltrazione sia solo remoto. In sintesi, la sentenza 109/2025 si pone come efficace spartiacque tra giurisdizioni, contribuendo a riordinare i rimedi a disposizione (che spaziano dai ricorsi e controlli ex D.lgs. 159/2011, a quelli ex D.lgs. 231/2001): ne esce rafforzato il controllo giudiziario, che diventa il punto di riferimento del sistema.
2 - Forse, tuttavia, per risolvere il problema del rapporto tra controllo giudiziario (penale) e giurisdizione (TAR), il giudice di Reggio Calabria (a quo della 109/2025) avrebbe potuto applicare l’art. 34 del Codice del processo amministrativo 104/2010.
In tale norma si legge: “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”: cioè, in chiave antimafia, la norma avrebbe consentito, al giudice che respinga il ricorso avverso l'interdittiva, in costanza di un controllo giudiziario favorevole, di invitare contestualmente l'amministrazione (la "vincitrice" Prefettura) a pronunciarsi sulla complessiva vicenda, senza considerare consolidata l'interdittiva stessa.
Il trafficato e complesso avvicendarsi delle parti (ricorrenti, Prefettura, stazione appaltante, controinteressati) tra preavvisi, provvedimenti antimafia, ricorsi, controlli e poi nuovi provvedimenti amministrativi, avrebbe potuto essere cioè gestito riconoscendo un giusto peso all'interesse pubblico alla fluidità e stabilità dei rapporti. Se, infatti, il problema sottoposto alla Corte costituzionale era quello di tipo semaforico, cioè di cadenzare i tempi di attuazione di una pronuncia di rigetto sull’impugnativa di una (remota) interdittiva, diluendo tali tempi fino all'adozione di un aggiornato ed ulteriore provvedimento prefettizio, bastava adottare una sentenza che contenesse un chiaro monito conformativo.
3 - Infatti, chi impugna l'interdittiva tende a due "beni della vita": il primo è l'annullamento dell’interdittiva (con remote speranze cautelari e di risarcimento); il secondo bene della vita è il passaporto per il controllo giudiziario, perché tale controllo sospende l'interdittiva (art. 34-bis, co.7 , D.lgs. 159/2011) e genera un procedimento secondario.
La pendenza della lite amministrativa, con il suo automatismo, funge da “catalizzatore”: in chimica, è catalizzatore quell'elemento che favorisce una reazione, ma non vi partecipa. La lite amministrativa fa appunto da catalizzatore, rendendo possibile il controllo del giudice penale; in quanto catalizzatore, il ricorso al Tar (sia ben fatto che solo abbozzato) è tuttavia ininfluente sull’accesso al controllo gestito dal giudice penale. Quindi, lo spessore, la fondatezza della lite amministrativa avverso l'interdittiva non si riverbera sul controllo disposto ex art. 34-bis, con la conseguenza che l'eventuale sentenza di rigetto del ricorso avverso l'interdittiva è ininfluente sul procedimento gestito dal giudice penale.
4 – Il giudice a quo, nella vicenda decisa dalla sentenza 109/2025, all'indomani di una sentenza che ha respinto il ricorso avverso l'interdittiva, si è chiesto come raccordare la fase amministrativa (Prefettura) con l'esito del controllo giudiziario. Tale raccordo, nella soluzione indicata dalla 109/2025, si attua in termini di attesa: se vi è un controllo giudiziario favorevole, la sentenza che confermi la legittimità dell'interdittiva deve comunque attendere il provvedimento prefettizio che recepisca il controllo.
Ma, appunto, questa attesa, come uno stand still, era possibile già prima della sentenza 109/2025. Infatti, il giudice amministrativo ha – da oltre 15 anni – la possibilità di modulare la propria pronuncia, rispettando l’art. 34 del Codice 104/2010 (divieto di pronunciarsi su poteri non ancora esercitati): ad esempio, può differire i tempi di attuazione di una sentenza, nel caso di annullamento di atti di pianificazione (Cons. Stato, 2755/2011) o se è necessario riorganizzare un settore nel pubblico impiego (Tar Parma, ord. 151/2024), se si discute di organizzare manifestazioni impegnative (Tar Genova, 843/2024 su Sanremo), o l’alienazione di farmacie (Cons. Stato, 1409 / 2021) ed, infine, sui contratti (Ad. Plen., 13/2017), il tutto sulla scia di un indirizzo condiviso dal Giudice delle leggi (207/2018, 66/2025, vicenda Cappato).
La sentenza amministrativa può, quindi, differire i propri effetti, affinché l'amministrazione possa esercitare i propri poteri. E non è tutto, perché vi sono anche ipotesi più articolate, in cui si mantengono gli effetti maturatisi nelle more di un procedimento giurisdizionale, tutte le volte che ad un provvedimento cautelare favorevole al ricorrente, fa seguito una sentenza sfavorevole nel merito. Il caso più frequente riguarda le carriere universitarie, cui si accede con sospensiva, che produce effetti anche se, nel merito, l’esito è sfavorevole al ricorrente (Cons. Stato, 9246 / 2022).
E non solo il giudice può differire un’esecuzione, ma può anche suggerire soluzioni che salvano capre e cavoli, com’è accaduto nel caso di esami universitari dichiarati, in sentenza, formalmente illegittimi, ma con un esplicito invito all'amministrazione, nella stessa sentenza, affinché convalidi con atto di generosità gli esami formalmente annullati (Cons. Stato, 7620/2022).
Un identico principio di elasticità, avrebbe potuto consentire al controllo giudiziario sull’interdittiva antimafia di sopravvivere alla sentenza che giudichi legittima l'interdittiva, almeno sino al successivo intervento del Prefetto. L'articolo 97 Cost. impedisce, infatti, che il cittadino rimanga in balia dell'amministrazione.
5 - Comunque, la sentenza 109/2025 è provvidenziale perché rafforza il ruolo dell’effettività della giustizia: inoltre, in filigrana, nella stessa sentenza si legge l'esigenza di coordinamento tra provvedimenti amministrativi e giurisdizionali, tanto più quando i procedimenti giurisdizionali – a loro volta – hanno una matrice di giustizia penale e di giustizia amministrativa.
La gestione del traffico tra plessi giurisdizionali non può avvenire ad opera degli organi di vertice (Cass. penale, 46898/2019, Ricchiuto; Ad. Plen., 7/2023), ma occorreva un vigile attento ed una pronuncia autorevole, come appunto è la sentenza 109/2025.
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