top of page

Se l'abuso non può essere rimosso, l'Amministrazione può esigere solo una sanzione pecuniaria

  • Immagine del redattore: Filippo Di Mauro
    Filippo Di Mauro
  • 17 feb
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 13 mar

di Filippo Di Mauro


Casa in costruzione con addetto ai lavori che consulta una planimetria


Se l’immobile abusivo non può essere demolito, l’Amministrazione non può ordinare l’esecuzione di lavori per impedirne l’utilizzo.


Lo ha ricordato il Tar Basilicata (sentenza 4 novembre 2024, n. 552; Pres. Donadono, Est. Mariano), con un principio che si applica quando, contestualmente a regolari lavori edilizi, siano realizzate difformità ed abusi che vengono però a confondersi con il resto dell’edificato. La vicenda riguardava la realizzazione in un condominio di un vano tecnico, adibito a caldaia, in parziale difformità dal titolo edilizio. Il locale tecnico era privo di autonomia, ma si inseriva strutturalmente nel condominio, rendendone impossibile la demolizione senza danno per le restanti parti dell’edificio.


In questi casi, l’ordine di demolizione e ripristino può essere sostituito con una sanzione pecuniaria (art. 34, co. 2, T.U. Edilizia), calcolata secondo parametri che distinguono tra edifici residenziali o meno. Il Comune riteneva, invece, che l’abuso potesse essere risolto murando la porta di accesso al locale tecnico, così da impedirne l’uso e renderlo inaccessibile, inutilizzabile e privo di alcun valore.


Soluzione non condivisa dal Tar, per il quale la norma (art. 34) non ammette alternative per rimediare a parziali difformità non altrimenti removibili: se, cioè, i lavori di rimozione di un abuso rischiano di provocare crolli, rovina o cedimenti delle opere eseguite regolarmente, l’Amministrazione è vincolata a fiscalizzare l’abuso, cioè a pretendere il solo pagamento di una sanzione pecuniaria, senza possibilità di individuare soluzioni alternative o proporre interventi correttivi. Tale beneficio si applica soltanto quando vi sia stata contestualità tra lavori conformi e difformi (come se fossero varianti in corso d’opera), non anche ad autonome e successive modifiche.


La notizia permette così di ragionare sull’elasticità dei poteri e rimedi cui l’Amministrazione può ricorrere per il recupero di parziali irregolarità edilizie, poteri che sono stati ampliati dalla Legge Salva Casa (105/2024). In particolare, per difformità minori e che non generano rischi (una finestra spostata, una parete divisoria, l’ampliamento di un balcone), si prevede che l’Ufficio tecnico comunale, se interpellato in una procedura di sanatoria semplificata (art. 36-bis, comma 2, del T.U. Edilizia), quando ritenga che l’abuso minore possa essere favorevolmente sanato, può condizionare il rilascio del provvedimento in sanatoria alla realizzazione di alcune modifiche. Il Comune può, infatti, imporre interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza; così come può anche subordinare il titolo edilizio alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.


Ciò, dunque, snellirà le operazioni di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, tramite un confronto preventivo tra privato e Amministrazione sui lavori da eseguire: se l’abuso non viene eliminato, come previsto dal provvedimento comunale, cade l’intero titolo, travolgendo le opere legittime e quelle illegittime. Se, invece, l’abuso minore non può essere demolito senza rischi di staticità dell’edificio cui accede, l’Amministrazione sarà tenuta a sostituire automaticamente l’ordine di demolizione con una sanzione pecuniaria, senza necessità di un’apposita istanza del privato.

 

 
 
 

Commenti


bottom of page