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Il nuovo stato legittimo degli immobili alla prova della Legge Salva Casa

  • Guglielmo Saporito
  • 18 set 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 27 dic 2024

di Guglielmo Saporito

Tavolo di avvocati con martelletto da giudice

Il Salva-Casa (D.l. n. 69/2024, convertito in L. 105/2024) consentirà maggiore chiarezza sulle qualità edilizie delle costruzioni. Lo stato legittimo degli immobili è, infatti, riordinato, diventando la sintesi di tutti i provvedimenti, a partire da quello che ha previsto o legittimato la costruzione, fino all’ultimo intervento edilizio. L’articolo 9-bis individua la documentazione amministrativa necessaria per attestare lo stato legittimo degli immobili o delle unità immobiliari, cioè la sommatoria dei titoli abilitativi che hanno interessato la costruzione e la successiva trasformazione degli immobili. 


Lo stato legittimo potrà essere attestato attraverso, alternativamente uno di questi elementi:

  • 1. il titolo abilitativo che ha previsto la costruzione;

  • 2. il titolo abilitativo che, successivamente ha legittimato la costruzione delle modifiche apportate

  • 3. l’ultimo titolo che ha interessato l’intero immobile, purché l’amministrazione competente, in sede di rilascio o di formazione, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi. 

    Un valore particolare va anche accordato alle certificazioni di agibilità o abitabilità effettuate a seguito di sopralluogo (art. 34-ter). Sul tema si è espressa la Corte costituzionale (217/2022), separando tale certificato dalla verifica delle regolarità edilizia. Oggi, tuttavia, tale differenza di finalità si va attutendo, specialmente in presenza di sopralluoghi e di dichiarazioni sulla legittimità dei luoghi, di ampia latitudine.


Nello "stato legittimo" (art. 9-bis T.U. Edilizia), il tecnico traccia una sorta di genealogia delle unità immobiliari, ricostruendo le procedure e risalendo a quella, più recente, che riguardi l’intero immobile o l’intera unità immobiliare. Il riferimento è alla parte descrittiva ed alle tavole grafiche, nonché a tutti gli elementi che possono descrivere una situazione pacifica e consolidata. Già questa prima indagine può incontrare rischiose zone oscure, collocate prima del settembre 1967 (per le costruzioni esterne ai centri edificati), o dell’estate del 1942 (per gli interventi urbani), cioè epoche in cui non era necessario acquisire alcun titolo abilitativo. Infatti, gli immobili che possono collocarsi in tali zone d'ombra sono agevolati perché i relativi titoli iniziali possono essere sostituiti da documenti e prove indirette. Secondo la norma (art. 9-bis), l’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante informazioni catastali, riprese fotografiche, estratti cartografici, documenti d’archivio o qualsiasi altro atto, pubblico o privato, oltre che dai titoli edilizi: ad esempio, quali elementi di supporto indiretto, possono utilizzarsi dettagli desumibili da cartoline postali (TAR Veneto, 697/2023), scritture private (una raccomandata del vicino che si lamenta dell'esecuzione di un balcone), o anche una fotografia con data certa (qualora sia ritratto un episodio di vita ricostruibile, come lo sfondo di un matrimonio o di un battesimo). Tale documentazione costituisce principio di prova del titolo abilitativo, anche quando non ne siano disponibili la copia o gli estremi. Lo stato legittimo  ricostruisce, quindi, l’immobile nelle sue fattezze e consistenza essenziali, secondo la tecnica e la prassi dell’epoca (TAR Lecce, 844/2024), accordando particolare rilievo ai grafici.

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Occorre, inoltre, tener presente che lo "stato legittimo" può essere di due tipi:

1 - il primo tipo riguarda la procedura volta ad ottenere nuovi provvedimenti edilizi: ad esempio, prima di ristrutturare o apportare modifiche,  bisogna partire dallo “stato legittimo”;

2 - un secondo tipo riguarda lo “stato legittimo” (in precedenza, in Emilia Romagna, ARE) che serve ad agevolare il trasferimento dell'immobile.

Le due espressioni hanno una portata diversa, ed una diversa utilità.

Il primo “stato legittimo” consente al tecnico progettista di fornire all'Amministrazione una visione completa dell’evolversi della costruzione, dal suo inizio fino al momento in cui si propongono modifiche. Il tecnico raccoglierà tutta l'attività d'archivio, collegando le varie procedure: dopo aver ultimato l'intera rassegna dei provvedimenti sull'immobile, ed avervi aggiunto le tolleranze esecutive (art. 34-bis, co. 3, T.U. Edilizia), condoni, sanatorie e le sanzioni eseguite, il tecnico può presentare nuove istanze edilizie. Solo nel caso in cui si intenda demolire integralmente e ricostruire, con indici non condizionati da precedenti costruzioni, non sarà necessario dettagliare tutti passaggi, perché la nuova costruzione assorbe i titoli (e gli eventuali abusi) precedenti.


Il primo (cioè il meno remoto) titolo utile (permesso, licenza, concessione) dal quale partire, è quello che ha legittimato la specifica situazione dei luoghi sui quali si intende intervenire. Ad esempio, se si discute dello spostamento di una finestra, occorrerà risalire al titolo che descriva (in concreto, in una tavola) la collocazione iniziale della finestra come attività edilizia autorizzata. Tale titolo può essere il titolo iniziale o uno successivo, qualora quest’ultimo descriva la facciata sulla quale si vuole intervenire.


In sintesi, lo stato legittimo necessario per ottenere un provvedimento edilizio, deve far riferimento alla situazione man mano evolutasi nel tempo, a partire dal volume iniziale. Di fatto, con lo stato legittimo il tecnico agevola l'attività dell'Amministrazione, fornendo tutti dati di partenza. Lo stato legittimo utile per intervenire sull’immobile deve essere completo, cioè deve raggiungere lo stato attuale dei luoghi. Se manca qualche anello della catena di provvedimenti edilizi, occorre dotarsi del titolo mancante, mediante ad esempio una sanatoria. Il Comune rilascerà i titoli ulteriori solo dopo che sarà entrato in possesso dello stato legittimo.

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Diverso è lo “stato legittimo” che il tecnico predispone per il trasferimento dell’immobile. Si tratta di un’evoluzione dell’ “ARE” (attestato di regolarità) applicato per prassi in alcune Regioni – quali l’ Emilia Romagna – a seguito di un’intesa tra professionisti del settore e Regione.

Tale “stato legittimo”, necessario per il trasferimento, non è lo stesso “stato legittimo” necessario per modificare l’unità immobiliare. Per ristrutturare con un titolo edilizio un’unità immobiliare è, infatti, necessario percorrere a ritroso la storia dell’edificio, ricostruendo i vari passaggi (dal primo globale titolo, alle successive ristrutturazioni, le SCIA, condoni, sanatorie ecc.). Invece, per trasferire un’unità immobiliare basta (art. 34-bis, co. 3, d.P.R. 380/2001) uno “stato legittimo” minore rispetto a quello che serve al Comune per rilasciare ulteriori titoli edilizi. Per la vendita, basta infatti uno “stato legittimo” inferiore alla soglia di piena legittimità, perché nelle compravendite lo “stato legittimo” serve a impedire che l’acquirente litighi con il venditore sul valore dell’immobile.


Mentre lo stato legittimo che serve per effettuare un nuovo intervento edilizio sul manufatto deve essere completo (legittimità al 100%), lo stato legittimo che serve per agevolare la circolazione del bene può fermarsi all'ultimo intervento legittimo o sanato, informando di ciò che manca, cioè della incompletezza, l’acquirente.

Lo “stato legittimo” che serve ad agevolare la circolazione del bene serve, infatti, ad informare l'acquirente della situazione (ad esempio, di difformità) cui va incontro con la compravendita. Ciò significa che, se vi è un titolo edilizio iniziale (anche remoto o parziale), il bene può essere trasferito. Ed il bene può essere trasferito anche se il venditore fornisce uno “stato legittimo” incompleto, che si fermi a 10 o 20 anni prima, senza attestare la piena conformità alla data del trasferimento. Tutto ciò si desume da un orientamento sulla commerciabilità giuridica (Cass. SS.UU. 22 marzo 2019 n. 8230), secondo il quale solo l’iniziale e totale abusività di un bene, per totale assenza del titolo edilizio, rende impossibile il trasferimento


Quando, invece, si discuta della commerciabilità economica (ossia, del valore dell’immobile), la presenza di un abuso può avere peso, ma non impedisce il trasferimento immobiliare. Se, quindi, manca la dichiarazione di uno stato “totalmente legittimo”, vi potrà essere una riduzione del valore di mercato, per il rischio di sanzioni amministrative (demolizione, rimessa in pristino, sanzione pecuniaria), ma l’immobile rimane commerciabile. In sintesi, l’immobile non totalmente legittimo avrà difficoltà ad ottenere un successivo provvedimento di ristrutturazione, avrà difficoltà ad accedere ai benefici fiscali (art. 49 T.U. Edilizia), ma può essere venduto. Anche la norma (art. 29, co. 1-bis, L. 52/1985) che impone ai notai di trasferire solo fabbricati conformi alle situazioni catastali e allo “stato di fatto” (cioè nello stato di fatto in cui si trovano al momento del trasferimento), convince che il legislatore ammette una certa elasticità. Ciò perché la L. 52/1985 precisa che la conformità delle planimetrie allo stato di fatto deve essere documentata (anche se non legittima); mentre lo “stato legittimo” dell’art. 9-bis del d.P.R. 380/2001, cioè la dichiarazione da fornire al compratore, può presentare difformità rispetto allo “stato di fatto”. La vendita, come si è detto, è valida anche se manca la piena conformità del fabbricato alle previsioni di legge (cioè se vi sono abusi), ma è nulla (art. 29 L. 52/1985) solo se emerge una differenza tra lo stato di fatto e la situazione catastale. In altri termini, il trasferimento immobiliare va corredato, in sede di stipula: 1) da uno “stato legittimo” (sintesi dei provvedimenti edilizi già rilasciati), 2) da uno “stato di fatto” (cioè una planimetria catastale aggiornata) e 3) da una sintesi grafica (una sorta di giallo-rosso) in cui sono evidenziati gli elementi (ad esempio, un bagno) presenti nello “stato di fatto”, ma non presenti nello “stato legittimo”.


Con il Salva Casa e l’art. 29 della L.52/1985, l’abusivismo edilizio è combattuto, spostando l’attenzione dal piano della validità del contratto di compravendita al piano delle (aumentate) garanzie che il venditore deve all’acquirente. Se l’immobile oggetto del contratto è viziato per incompleta corrispondenza ai titoli edilizi (stato legittimo inferiore al 100%), la questione deve essere risolta a livello di quantificazione del prezzo (ad esempio, pattuendo una riduzione del corrispettivo). Solo l’abusivismo integrale viene filtrato e fermato: gli altri abusivismi (quelli minori) non invalidano la compravendita, ma devono comunque emergere in sede di “stato di fatto” (quello catastale reale) e di “stato legittimo”.

Tenendo presenti questi elementi, i tecnici sono chiamati a verifiche di vario livello: così, per ottenere un nuovo titolo edilizio (una ristrutturazione, un cambio di destinazione con opere), sarà necessario fornire al Comune lo “stato legittimo” completo, con le relative assunzioni di responsabilità nelle dichiarazioni (ad esempio, circa l’epoca della costruzione o l’epoca delle modifiche). 


Invece, per coadiuvare notai, agenzie e venditori, basterà uno “stato legittimo” che potrà fermarsi all’ultimo passaggio autorizzato (ad esempio, un’autorizzazione, una SCIA). Se tale ultimo documento non corrisponde allo stato di fatto (cioè alla realtà dei luoghi), chi compra deve comunque potersi accorgere che il bene acquistato dovrà essere regolarizzato qualora l’acquirente voglia, ad esempio, ristrutturare. E l’acquirente deve altresì potersi rendere conto che comunque, in sede di successiva vendita, dovrà procurarsi un nuovo stato legittimo o usare quello, zoppicante, che gli è stato fornito in sede di acquisto, il tutto con il rischio di una ragionevole diminuzione di prezzo. È opportuno rilevare che il dato catastale, dopo essere degradato (art. 950 c.c.), è diventato il punto di riferimento dei trasferimenti immobiliari, poiché le planimetrie catastali diventano elemento di prova della qualità del bene. La concatenazione tra stato di fatto (che il tecnico accerta e che il notaio recepisce) e lo stato legittimo (che il tecnico dichiara) eliminerà le incertezze sulla qualità del bene.


Infine, il Salva Casa ha introdotto la distinzione tra stato legittimo del condominio e quello del singolo appartamento. In questo modo, si evita che le difformità presenti sulle parti comuni del condominio (art. 1117 cod. civ.) possano bloccare la vendita di un singolo appartamento: in altri termini, le irregolarità presenti negli spazi, impianti o servizi destinati all’uso condiviso dei condomini, non dovranno essere dichiarate dal tecnico nella relazione di stato legittimo della singola unità condominiale. 

Viceversa, le irregolarità insistenti su un singolo appartamento non concorrono a determinare lo stato legittimo del condominio, sicché non vi saranno ostacoli ai lavori di riqualificazione e ristrutturazione dell’edificio condominiale.


 
 
 

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